Bestiari, Erbari, Lapidari, di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti: l’abc reset dello sguardo sul mondo

0

Bestiari, Erbari, Lapidari

Attraverso immagini d’archivio, tra le più numerose mai viste, D’Anolfi e Parenti con Bestiari, Erbari, Lapidari, riescono a creare un documentario ambizioso con l’obiettivo di resettare l’idea di cinema e anche di mondo “non tanto umano”

Forse bisognerebbe iniziare con le parole del botanico Stefano Mancuso, voce over nel secondo atto, Erbari, e che in maniera netta taglia ogni possibile dubbio sulla superiorità dell’essere umano… Non, non siamo noi gli esseri più straordinari, ma piuttosto il mondo vegetale che rappresenta più del 99% delle forme di vita sul pianeta…

Dunque il posto dell’uomo è davvero irrilevante e il suo sguardo meschino in cerca di informazioni forse per sopravvivere, non tanto per migliorarsi (visto che non ci sono prove di questo in migliaia di anni… ) si traducono anche, nel secolo del cinema, in immagini in movimento che fanno rabbrividire per la loro tristezza…

Sono gli stessi autori a dichiarare che emozione di vergogna e dolore si prova di fronte alle riprese degli animali in gabbia…

Il film, monumentale, oltre tre ore, già ribalta l’idea di cinema, raccontato, spettacolare, e men che meno con in mano un pacco di pop corn. Ecco, è su questa idea di cinema di “intrattenimento” (ovvero distrazione di massa) che la critica dovrebbe riflettere di più… Se poi questo film è stato premiato dalla critica, di fatto non costituisce alcun pericolo per la macchina di propaganda cinematografica che continua a fare il suo lavoro…

Ma perché che c’è di male in un film di intrattenimento? Il problema è che non possiamo più vederlo “esaltati” o “ingenui” come fa persino la critica più sensibile, perché di fatto proprio quel cinema di massa sta distruggendo la capacità di pensiero e anche di libertà di pensiero…

Anche in questo caso D’Anolfi e Parenti non riescono ad evitare qualche “inciampone” nella prima parte, quando filmano gli animali, vittime di tutti gli abusi, senza rendersi conto che esistono centinaia di film, documentari, che lo hanno già fatto grazie a tanti attivisti, alcuni dei quali si sono introdotti perfino nelle fabbriche della morte ovvero gli allevamenti intensivi, dove davvero la vita degli animali si riduce all’attesa della morte, che quando arriva, sempre che non sia pure violentissima, è preceduta da ogni forma di maltrattamento. C’è una umanità che ha detto no a questo schifo… lo vogliamo ignorare?

Sul primo atto c’è quindi non troppo da aggiungere, soprattutto gli animalisti si troveranno di fronte a immagini che purtroppo già conoscono e risalgono anche a migliaia di anni fa, solo che dall’inizio del Novecento, anche il cinema “documenta” l’animale in tutte le forme. C’è in questo cinema un cinismo ed una insensibilità insopportabile, come per esempio quello che qui vediamo quando una zebra viene afferrata per la coda, tirata violentemente solo per il gusto di una breve cavalcata…

Lo stesso vale per la macchina da presa che è introdotta nei laboratori e naturalmente quella che riprende gli animali negli zoo, spazi che si sono moltiplicati proprio nel ventesimo secolo, sempre per l’intrattenimento di massa.

La seconda parte, dedicata alle piante, è una sorta di inno alla bellezza delle forme vegetali, pur costrette all’interno di un’altra forma di prigione, ovvero l’orto botanico… La cura dell’uomo spesso appare del tutto iniqua, dal momento che deve ricreare un ambiente artificiale: per questo un cartello fa riferimento alla questione cultura/natura… Ma la risposta la danno proprio le cure, che hanno bisogno di insetti per eliminare parassiti e i getti di vapore… siamo a Padova non certo ai tropici…

La terza parte conferma la chiave di lettura che voglio dare a questo film… Perché si sono presi le rovine della seconda guerra mondiale e tutti i riferimenti al fascismo e ai campi di concentramento degli ebrei?

Si tratta di un esempio o tirare in ballo Mussolini dipende dall’ennesima caduta nella solita dissonanza cognitiva?

Se parliamo di specie umana e Natura, è inutile stare a puntare il dito su qualcosa piuttosto che un’altra e la guerra in Vietnam allora? Perché non parliamo di quella o di qualunque altra guerra… Non è un off topic, ma se parliamo di specie umana in generale, la storia è una sola, quella della sovversione dell’uomo contro la Natura.

Il film è bello quando pensa a resettare il posto dell’uomo, non certo a collocarlo e relegarlo in un solo capitolo di una delle storie…

Chiaro che questo è solo un dettaglio “perdonabile” e il film va visto, promosso e sostenuto, per la sua visione principale, quella di cinema, quella di mondo al di là dell’uomo e oltre la specie umana…

Lascia un commento