The Substance di Coralie Fargeat: il patto col diavolo per rimanere sempre giovani

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The Substance

Coralie Fargeat con The Substance compone il quadro complessivo dell’ossessione per la giovinezza: disposti a tutto, anche al patto col diavolo

Dovremmo partire proprio dall’inizio, perché Fargeat ci tiene a far sapere allo spettatore da che parte sta… Una posizione morale, etica precisa. Mentre dall’altra parte pigia sull’acceleratore senza fraintendimenti, remore, censure, per descrivere dove può spingersi il delirio di una donna che non vuole proprio invecchiare.

E così da una parte abbiamo un tema classico trattato dalle arti, dalla letteratura al cinema alla pittura ecc., da moltissimi anni. Nel cinema la speculazione teorica di André Bazin si soffermava soprattutto sulla sindrome della mummia, la fotografia che mummifica lo spazio tempo… La macchina da presa cinematografica è una sorta di esorcismo laddove guardiamo proprio alla mitologia delle “stelle”, le grandi star di Hollywood che conquistano perfino una stella sul pavimento dei boulevard di Los Angeles…

Su questa stella inizia il film, un preciso segno che è riempito di significati, quando su quella porzione di suolo poco importa che ci sia il nome di una grande attrice, perché alla fine da lì passeranno tutti senza neanche accorgersi della “stella”. E la stessa pietra è destinata appena dopo la sua collocazione ad una lenta, ma inesorabile usura…

Più chiaro di così… Ecco che il film entra in gioco scegliendo forse uno dei miti perfetti delle ultimi decadi di Hollywood. Ossia un’attrice che è stata praticamente un modello ed un’icona imprescindibile della bellezza femminile: Demi Moore. Che magari quelli nati proprio negli anni novanta dello scorso secolo e i vari millenials neanche ricordano o conoscono…

Però il fatto di “utilizzare” il corpo di Demi Moore che nel 2024 ha la bellezza di quasi 62 anni, sta giusto per compierli in questi giorni, essendo nata l’undici novembre del 1962, è davvero importante. Certo, non per un fatto di credibilità del personaggio che si chiama Elisabeth Sparkle (“sparkle” ovvero “scintillare”, può essere tradotto come scintilla, quindi nome omen che fa riferimento comunque alla precarietà di uno stato fisico), ma perché la Moore di fatto rappresenta in questo momento tutte le donne che si trovano a dover fare i conti con quello che chiede il mercato per quel commercio che è diventato il corpo giovane…

Se non ci si focalizza su questo aspetto si rischia di non comprendere bene il film. Tanto è vero che la Sparkle è in fondo una star del fitness, il che potrebbe anche andare bene visto che alla sua veneranda età dimostrerebbe tutti i benefici di una corretta attività fisica…

Ma non è certo questo che il film vuole raccontare, anche se questo tema rischia di imbrogliare le carte…

In effetti, dobbiamo arrivare alla scena successiva chiave in cui la Sparkle decide di accettarsi e di andare a cena con il vecchio compagno di scuola. Ma a questo punto proprio nel momento in cui si prepara all’appuntamento entra in crisi davanti allo specchio: il trucco e poi il vestito e poi altro, insomma nulla riesce a calmarla di fronte alla perdita inevitabile di quel sorriso del volto giovanile che adesso è incarnato in Sue (una bravissima e intensa Margaret Qualley), lei stessa peraltro…

Fargeat riesce in questa bellissima scena a dimostrare il delirio di una donna che tenta di accettarsi, ma alla fine non ce la fa…

Il tema qui è chiarissimo: si accede attraverso un patto col diavolo con una possibilità di fama, ricchezza, bellezza, ecc. Ma le regole, quali sono le regole? E chi le detta? Lasciamo ai vari approfondimenti tutte le storie che riguardano questo tema e che hanno toccato Hollywood e non solo. Hollywood, ovvero il sacro bosco (“holy”, “wood”) che è anche il tempio dei sacrifici babilonesi agli dei, con le ricostruzioni dei set che risalgono a Intolerance di David Wark Griffith… Il cinema come tutto il mondo dei media è questo e non c’è da scherzare quando un Mel Gibson parla di Anticristo a Hollywood, di satanisti, di sacrifici di sangue, ecc.

L’altro importante aspetto del film è il patto col diavolo, che in questo caso è rappresentato da un anonimo personaggio con il quale le protagoniste parlano, ma mai lo vedremo. Eppure la sua voce è suadente e decisa, impartisce le regole da seguire e se non le segui ti rovinerai da solo. Ma se le seguirai, avrai come ricompensa quella giovinezza tanto agognata…

Così The Substance finisce col parlare proprio di questo terribile tema, ma dietro l’angolo c’è anche la prospettiva transumanista che fa altrettanto tremare…

Secondo i biechi movimenti transumanisti portati avanti da Klaus Schwab (World Economic Forum) e Yuval Noah Harari (quello degli umani hackerabili… ) questa prospettiva del ringiovanimento attraverso la tecnologia è un percorso percorribile… Peccato però che nessuno parla dei cosiddetti effetti collaterali e delle rinunce individuali, per non dire il completo cedimento del corpo umano alla tecnologia e alla intelligenza artificiale… Peggio di 1984 di Orwell…

Però Fargeat è abbastanza scrupolosa, sempre da un punto di vista morale, nella chiusa del film, quando si torna a guardare la stessa stella sul pavimento dell’inizio… Qui ci fermiamo per non spoilerare troppo… Ma già si è capito!

The Substance denuncia anche tutti i suoi debiti per il cinema di grandi autori. Ovviamente, in primo luogo, non si può non far riferimento a David Cronenberg, la cui filmografia è stata una sorta di sperimentazione delle interfacce carne/metallo/tecnologia fin dai tempi di Videodrome. E poi viene in mente anche il David Lynch di The Elephant, quando scopertamente si parla di creature mostruose, di ibridi e anche di luoghi disorientanti, come quella specie di garage che sembra un po’ uscito da Twin Peaks. Ma c’è anche un gran riferimento omaggio al Kubrick di 2001: Odissea nello Spazio, non solo per una delle scene conclusive quando risuonano le note del walzer straussiano, ma anche la stanza dove l’astronauta passa dalla nascita alla morte, ricorda le leggi dell’universo a cui è legata la specie umana nella dimensione terrena. In fondo, l’escamotage per rimanere giovani è qui legato a una serie di regole, ma alla fine abbiamo la sensazione che a scherzare col fuoco si finisce male, è quello che succede alle protagoniste, quando invecchiano in maniera rapidissima…

Infine, ultima nota, la Fargeat insiste con una sottolineatura abbastanza scontata sullo squallore del genere maschile, qui rappresentato dal perfetto Dennis Quaid, manager interessato soltanto ai denari, corruzione che va a braccetto con l’altra corruzione che è la vanità. Fargeat utilizza delle riprese con ottiche distorcenti e con tutti quei rumori sgradevoli possibili e immaginabili, riferibili a quando si fa un pasto con altri corpi, quelli animali. Questa prospettiva dell’immaginario la ritroviamo anche quando la Sparkle squarta le carni dei polli e di altra selvaggina e alla fine rende il suo appartamento una sorta di cimitero di altri resti organici…

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