Tori e Lokita di Jean-Pierre e Luc Dardenne: storie dimenticate di migranti
Tori e Lokita di Jean-Pierre e Luc Dardenne: le storie dimenticate di migranti hanno bisogno sempre di una ribalta cinematografica per empatizzare con i drammi delle popolazioni costrette a lasciare il loro paese
Tori e Lokita di Jean-Pierre e Luc Dardenne focalizza l’attenzione o meglio la distrazione sulle storie dimenticate di migranti che hanno bisogno sempre di una ribalta cinematografica per empatizzare con i drammi delle popolazioni costrette a lasciare il loro paese.
Joely Mbundu e Pablo Schils, vale a dire i due interpreti rispettivamente di Lokita e Tori sono il punto principale di attrazione. I loro corpi sono all’interno della macchina stritolatrice dell'”accoglienza” di un paese straniero, fatta di mille promesse, ma sostanzialmente un percorso irto di ostacoli e trappole mortali.
La prima, naturalmente, riguarda il viaggio di esilio dal paese di nascita, un viaggio sul quale i Dardenne preferiscono sorvolare in questo racconto. Alla luce è messa soprattutto la società intorno al “migrante” che è strutturata per sfruttarlo a dovere da una parte, mentre dall’altra fa finta di integrarlo. L’economia liberista è la principale colpevole in quanto dalla multinazionale al piccolo commerciante la filiera è sempre la stessa: il migrante è un lavoratore sottopagato che quasi sempre rimane in una condizione di povertà e di precarietà e quando arriva l’offerta di un guadagno extra, come quello della vendita del fumo, è spesso ben accetto.
I Dardenne tessono la solita narrazione filoideologica di “sinistra” (ammesso che queste distinzioni servano oggi a qualcosa), ma questa non basta più per individuare i meccanismi che portano a strutturare le società così come sono… Lo dimostra il fatto che gli stessi Dardenne di recente, al festival dei Popoli, si sono schierati contro il governo italiano, reo di aver adottato un comportamento disumano contro i migranti cercando di bloccare il traffico sostenuto da quelle ONG che sono al soldo di loschi figuri come George Soros e comunque le migrazioni riguardano la via del mare solo per una piccola percentuale…
La sensazione è quella dunque di un cinema di alto livello dal punto di vista espressivo, grazie ai due splendidi interpreti diretti da una regia molto sensibile che sfrutta ancora il sistema del pedinamento zavattiniano, ma che svirgola parecchio dal punto di vista analitico, in quanto il quadro descritto ha l’obiettivo di scuotere il pigro cittadino dei paesi europei ricchi per mobilitarlo a favore della causa dell’immigrazione, ma d’altra parte oggi più che mai sarebbe lecito e opportuno un’indagine sui vari paesi d’origine e sul perché l’economia globale li tiene sotto scacco e drammatico sfruttamento…
La controprova di questa ipotesi è data dall’epilogo sconclusionato: se è vero che la malavita controlla i movimenti dei vari migranti, non vediamo come si possa sfuggire a questo controllo. In parte i Dardenne lo hanno capito, ma l’escamotage del finale per salvare il piccolo Tori appare davvero ridicolo.