Sur les chemins noirs – A Passo d’uomo di Denis Imbert, la fondamentale lentezza che vede un mondo ribaltato dal falso progresso

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A passo d'uomo

Denis Imbert con A passo d’uomo lascia che lo spettatore distratto e ottenebrato possa recuperare il vero sguardo sulle cose del mondo

Bisogna camminare alla propria velocità se no perdi il tuo ritmo, per questo se cammini con altri, alcuni andranno più veloci, altri più lenti…

Ma da cosa dipende questa differenza di velocità? Non soltanto dalle capacità individuali di affrontare una fatica, almeno non è solo questo: più importante è come si attraversa un percorso in un paesaggio “naturale”, peraltro sempre più difficile da trovare…

Il cammino di Pierre (Jean Dujardin) si basa proprio sull’evitare i segni di civiltà, il che è poi impossibile in un paese antropizzato come la Francia, a sud dal massiccio del Mercantour fino al mare, a Nord, per 1300 chilometri.

Eppure ci sono quei sentieri neri di cui parla l’esploratore Sylvain Tesson nel libro da cui è derivato il film, che possono assicurare al viandante una esperienza piena di contatto con la natura.

Difficile oggi considerare questi aspetti, quando anche le passeggiate naturalistiche sono state preda del business: a cominciare dall’abbigliamento, dai bastoncini fino alle varie calzature da trekking e tutto il resto… e la presenza oscena, ovviamente nel film evitata, dei cellulari (peraltro si fa riferimento al controverso 5G… ).

Ma in un mondo così, di fronte ad un progresso che è una farsa, c’è invece chi ha accettato tutto questo credendolo il miglior mondo possibile… Ecco che la citazione di Napoleone, che esistono due tipi di uomini, quelli che comandano e quelli che ubbidiscono, riguarda esclusivamente la società del controllo di oggi… Mentre la terza categoria di uomini non considerata da Napoleone è quella degli uomini in fuga: sono i diversi, i dissidenti i disobbedienti del citato Thoreau…

Imbert quindi ha realizzato un’opera fondamentale per districarsi nel complesso argomento che riguarda la relazione tra modernità, cultura e Natura…

Tutte le varie vicende personali del personaggio risuonano benissimo in quanto non siamo di fronte a un uomo che può abbandonare di punto in bianco la sua vita, le sue relazioni. Piuttosto continua a viverle, gli affetti rimangono e l’amore di amici e parenti può accompagnarlo in questa impresa che può sembrare ridicola, ma in effetti è anche simbolica del percorso che ciascuno di noi dovrebbe fare pur continuando a camminare tra le pale eoliche, come in una significativa sequenza del film…

Non possiamo cancellare il famigerato progresso, laddove questo sta distruggendo interi paesi, dove le uniche insegne sono di chiusura e vendita… Non vi suona tutto molto familiare?

Sono i luoghi veri, autentici, come quelli descritti da un agricoltore, che diventano a poco a poco i non luoghi di Marc Augé. Contro questo processo non servono manifestazioni, ma soprattutto coscienza individuale che possa pian piano diventare collettiva.

Dunque A passo d’uomo (finalmente una traduzione felice del titolo originale) vale come una pagina di resistenza, ma anche di dissidenza al sistema, al regime che ha imposto un tipo di vita a tutti, spacciandolo per comodità e benessere.

Ma anche la salute arriva dopo un percorso di coscienza e liberazione e il nostro protagonista nella sequenza finale è un po’ il Jean Pierre Leaud in fuga sulla spiaggia in I quattrocento colpi di François Truffaut… Una fine che è anche un inizio…

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