La bête (The Beast) di Bertrand Bonello, l’intelligenza artificiale figlia del demonio
Bertrand Bonello approda, con La bête (The Beast), all’apice del suo cinema di ricerca, apparsa in certi casi bizzarra, ma sempre costruendo il tipo di immaginario che si respira oggi: ovvero l’incontro con la bestia, l’intelligenza artificiale ubiqua che spegne l’umanità
La prima cosa da dire su questo importante film è che fa ricerca, ricerca cinematografica, nel senso di immaginario, di semplici immagini, di scene e sequenze che appunto possono dissolversi in un solo frame, come accade in questo caso. Oppure bloccarsi, ripetersi, tornare indietro come accade nella parte finale in una scena climax.
The Beast inizia in modo quasi sonnambulo seguendo Lea Seydoux vestita da dama dei primi del Novecento, nel corso di una di quelle feste viste infinite volte al cinema, dove uomini e donne giocano a sottrarsi o incontrarsi.
Ma dopo pochi minuti ci rendiamo conto che la storia ha pochissima linearità, tende a sfuggire dalle solite convenzioni, proiettandoci in altri spazi tempo, come quelli di un futuro in cui tutto è deciso dall’intelligenza artificiale.
Il mondo umano è sprofondato in un abisso transumanista dove il senso anche di una sola emozione è sganciato dalla correttezza di una tecnologia che pensa pure di purificare il soggetto ancora affetto da una traccia di emozioni che possa scuoterlo al punto di piangere di fronte ad una immagine test ricordo…
L’essere umano è tenuto in vita da macchine che si riconoscono appena, visto che la protagonista nella storia ambientata nel futuro avrà pure una compagna che la aiuterà nel cammino già individuato dalla I. A.
Come Bonello possa essere riuscito a realizzare un film di quasi due ore e mezza è davvero incredibile, dato che la storia è assolutamente inconsistente.
Ma ogni volta che Gabrielle (Lea Seydoux) si muove nello spazio scenico accade sempre qualcosa di magico ed ipnotico. Peraltro è riuscitissimo il collegamento con le tecnologie virtuali di riprese col green screen, richiamate più volte, laddove la modella attrice è costretta a recitare come se ci fossero altri soggetti presenti, laddove c’è solo il vuoto…
Bonello ci ricorda che ogni immagine è falsa, che ogni segno può facilmente liquefarsi: e non è soltanto funzionale a una traccia narrativa, come per esempio nel finale quando due interpreti maschili vengono scambiati… ma è tutto il film immerso nell’indecidibilità di un segno preciso…
Rimangono le tracce “pesanti” del vuoto pneumatico di un futuro distopico che sembra già presente. Le città alluvionate, come Parigi, che sono una delle facce del passato? Prima che i tempi evolvessero verso un’altra gestione del territorio?
E poi lo spazio urbano completamente vuoto, non ci sono persone e quelle poche indossano una maschera…
Con più decisione è invece filmata la parte che vede Gabrielle immersa in una vasca nera (l’ennesimo riferimento all’ossido di grafene?) in attesa di una nuova “puntura”… in un punto preciso dell’orecchio.
Ma la malattia qui è soltanto il residuo di umanità, quello che le permette ancora di sognare un amore che si dipana per decine di anni, anzi più di un secolo.
E i personaggi e le scene ritornano, sempre uguali, come le icone predeterminate della discoteca a tema dove scorrono soltanto musiche del 1972, 1980 e 1963…
Come dire che il nuovo mondo può dedicarsi a qualsiasi suggestione fittizia che diventa reale solo nei binari preimpostati da una intelligenza artificiale che ha già deciso tutto.
Ed alla fine il film si domanda se ci può essere una resistenza, mentre si alternano scene da bancone del bar che possono essere l’ulteriore suggestione di uno Shining o di un episodio di Twin Peaks…
Il cinema di Bonello sembra poter fare quello che vuole e quanto vuole, senza rete di sicurezza, perché le immagini sono così potenti e profonde che sorprenderanno qualsiasi spettatore, anche quello più scettico che sta ancora chiedendosi che tipo di “storia” abbia visto: una fantastica storia d’amore attraverso due secoli? Sì forse, anche questo… ma non solo!
E la presenza ossessiva di un piccione, come le varie divinazioni esternate da una bizzarra veggente in rete, sono una formidabile visione esoterica del tutto, anche l’aspetto inquietante di un demone, di qualcosa che va anche al di là della stessa famigerata intelligenza artificiale…
Ultima notazione… obbligata, sui titoli di coda, sostituiti con un qr code… Insomma, Bonello, con questa beffa finale, sa il fatto suo!