“What is a Woman?” di Justin Folk, le identità sessuali messe a rischio dall’ideologia fluid gender

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What is a woman?

Con la semplice domanda, “Cos’è una donna?”, Justin Folk smaschera l’ideologia fluid gender che vorrebbe la massima confusione in campo di identità sessuale

What is a Woman? è uno dei pochi documentari che finalmente informano correttamente sulle tendenze degli ultimi anni quando parliamo di identità di genere.

Le identità sono state tutte politicizzate, nel senso che a partire dagli anni sessanta, si è visto un sostegno costante verso le cosiddette identità “deboli”. Questo riguardava le donne, per cui è iniziato il movimento femminista e questo ha riguardato le identità sessuali marginali, perché fossero rispettate.

Tutto giusto, peccato che negli ultimi anni l’asticella è salita fin troppo e si è spinta fino a favorire il concetto di fluid gender (identità di genere sessuale fluida” come “normale”. A questo punto Folk interviene con uno dei reportage più intelligenti riformulando la domanda a una serie di esperti, la maggior parte dei quali appare completamente legata alla nuova ideologia secondo cui la diversità sessuale è difendibile fino all’eccesso… Come ritrovarsi in uno spogliatoio femminile un trans che con i suoi genitali maschili mette in imbarazzo non solo le donne adulte, ma soprattutto si ritrova vicino anche a minorenni…

Tutto normale?
Assolutamente no, lo dimostra l’intervista con il professore universitario visibilmente a disagio con l’argomento, specie quando non può applicare l’equazione che l’identità femminile è un atteggiamento culturale. E che succede se in una società le identità di genere sono sempre più fluide? Come possono crescere e maturare in maniera sana i giovani sotto la pressione di questo immaginario “queer”?

Quando si parlava di immaginari queer, LGBT per intenderci, comprendenti le varie inclinazioni sessuali, stavamo sempre parlando di un fenomeno che riguardava una minoranza che doveva essere tutelata per non incorrere nelle consuete discriminazioni. Il progresso culturale doveva fermarsi qui.

Invece, come dimostra benissimo Folk in questo documentario, sono quasi tutti allineati sulla identità di genere fluida, e quei pochi scienziati non allineati come la psichiatra che parla di disforie, è considerata un dinosauro…

Peccato che il progresso porta innumerevoli vite verso una confusione riguardo la propria identità sessuale, e che tutte le transizioni corrispondano a enormi guadagni per le multinazionali del farmaco con le terapie ormonali e quant’altro.

E per di più, grazie anche alle testimonianze del documentario, scopriamo che queste “cure” sono tutte sperimentali. Che le vittime rovinano pericolosamente la loro salute con la montagna di ormoni che assumono ad oltranza e che le operazioni chirurgiche multiple con aggiunta di materiali dannosi per le plastiche sono un ulteriore minaccia alla loro vita… Altro che salute delle persone!

Per questo molte delle interviste con persone del sistema che sostengono l’ideologia finiscono male; l’intervistato rifiuta di continuare rendendosi conto che non può imbrogliare le carte a piacimento, di fronte la semplice evidenza che tutte queste “politiche” antidiscriminatorie sono in realtà propaganda fluid gender.

Quando poi arriviamo dai Masai si svela come mai in Occidente e solo qui praticamente esiste una ideologia di genere che non corrisponde al sesso. Tra i Masai non esistono problemi di identità di genere, la donna partorisce e l’uomo è colui il quale può avere figli con il suo seme… La questione è tutta qui. 

Il nostro investigatore Matt Walsh spiega facilmente l’arcano di una domanda su dove è nata l’ideologia fluid gender. È la psichiatra “dinosauro” a prendere un testo scolastico. Si intitola “È perfettamente normale”, per ragazzi dai dieci anni in su… E vediamo una illustrazione di un rapporto sessuale tra adulti di cui uno di colore… Commento della psichiatra “Indicibile quello che hanno fatto ai nostri figli”… La risposta è che tutto è iniziato con quello che la narrazione di regime considera un innovatore, Kinsey, ovvero colui che riteneva che la sessualità umana inizia nella culla… Basta dire che nel suo famigerato studio si preoccupò di documentare orgasmi nei neonati…
Naturalmente Kuinsey era funzionale agli obiettivi delle elite pedofilo sataniste che ricamarono un ritratto tutto di grandi onori e celebrazioni fatte anche attraverso spregevoli film come Kinsey, diretto da Bill Condon, che ebbe pure tutta una serie di premi, come l’Oscar alla non protagonista femminile Laura Linney, ma lo stesso Liam Neeson ottenne un Golden Globe…
Ma fu un altro universitario a coniare il termine di identità di genere, John Money, che distrusse una coppia di gemelli maschi con i suoi esperimenti da pervertito.

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