“Quel freddo giorno nel parco” (That Cold Day in the Park) (Canada 1969), Robert Altman
Per la prima volta in Italia la versione integrale del bel film canadese di Robert Altman, prima di “MASH“, pubblicato in dvd della A&R con le ampie scene in lingua originale sottotitolate in italiano. Mai più vista dalla sua uscita al cinema
In tempi di quarantene e confinamenti tra quattro mura, grandi o piccole che siano, mi è capitato di rivedere dopo oltre trent’anni dalla ultima volta “Quel freddo giorno nel parco” di Robert Altman. Pubblicato per la prima volta in Italia dalla A&R in dvd, nel suo montaggio originale di 107′, con il quale non venne mai distribuito nel nostro Paese, neppure in vhs o nei lontani e diversi passaggi tv. Se ne può capire il perchè, soprattutto per via dei dialoghi scabrosi e delle situazioni forti e scevri da ogni ipocrisia in campo sessuale, almeno per l’epoca, e troppo soprattutto per le messe in onda della Rai.
“Quel freddo giorno nel parco”
Frances Austen è una solitaria zitella di nemmeno 35 anni, con una cerchia di conoscenze che deriva unicamente dalle frequentazioni e vecchie amicizie della sua defunta madre, di almeno venti anni più vecchi di lei. La sua fredda esistenza si dipana tra giornate tutte ugualmente monotone, e un aperitivo con questi amici anziani, fino a che dalla finestra del suo grande e antico appartamento d’epoca che era della madre, non vede un ragazzo seduto al freddo su di una panchina, che cerca un qualche modo di pararsi da una pioggia insistente. Finito il party con gli anziani amici, ella scende giù e attraversa il parco per coprire la distanza che la separa dal giovane sconosciuto, gli chiede di venire a casa sua ad asciugarsi e rifocillarsi, magari farsi un bagno caldo. Ella parla costantemente mentre il ragazzo continua il suo gioco di mutismo . Al di là di ogni spiegazione la donna invita lo strano ragazzo a continuare a stare nell’appartamento e a pernottarvi, Il ragazzo si finge muto ma accetta circospetto l’invito, e lei lo chiude con questa scusa nella sua stanza, che poi era quella della madre. Frances sembra esserne ben presto come ossessionata.
Gran parte del fascino che deriva da questo film di Robert Altman era già stato codificato da un altro bel film degli anni sessanta, in questo caso fra gli ultimi diretti da William Wyler. Sto parlando naturalmente de “Il Collezionista”(The Collector), e di altri dal simile argomento e da unica ambientazione, diretti da Roman Polanski e da Ingmar Bergman.
“Quel freddo giorno nel parco” rivela però un approfondimento e una centratura psicologica che lentamente dal thriller porta ad una discesa sempre più drammatica nella depressione, nelle emozioni, con una vera atmosfera di inquietudine e mistero che fa si l’intera storia diventi sempre più realmente disturbante, e molto di più con quello che succede fuori dallo schermo rispetto a ciò che ci viene mostrato.
E’ anche un titolo molto interessante per gettare uno sguardo alle vie narrative intraprese da Robert Altman negli anni ’60, prima che il grande successo di “M*A*S*H*” lo rendesse un nome familiare alle platee del cinema internazionale. Tematiche che verranno riprese circa un decennio dopo, a partire da “Tre donne”, un altro film che impressionò moltissimo per la sua riuscita.
“Quel freddo giorno nel parco” ne è una sorta di avvicinamento, e in ogni sua parte ha una forza che lo colloca con prepotenza nella zona dei “quasi-capolavori”, rimane infatti eccellente nel suo svolgimento, e sempre convincente, dall’inizio alla fine. Se si è quel tipo di spettatori che sanno apprezzare i film che non debbano proporvi troppi “spiegoni” come oggi è quasi regola fare, e che abbiano confidenza con quelli che sappiano invece riservare un certo numero di shock, ma senza sangue, annotazioni psicologiche sulle deviazioni date dalla repressione sessuale, Altman ha realizzato un film che fa al caso vostro.
Senza concessioni alle soddisfazioni facili e scontate secondo le convenzioni del racconto cinematografico, cosa che potrebbe creare disappunto in qualche spettatore, ma non risultando per questo noioso o troppo lento, anzi riuscendo a creare un’atmosfera realmente unica [anche all’interno del cinema di Altman], qualcosa della qualità del sogno e di una estetica onirica, in parte nel climax stesso del film, ma anche nelle sue parti più narrativamente drammatiche. Senza pregiudicare assolutamente la strada originale per cui la storia è portata a conclusione.
“Quel freddo giorno nel parco” fu il secondo lungometraggio cinematografico, per Robert Altman, dopo la poco soddisfacente esperienza personale alla regia di “Conto alla rovescia”, per la Warner Bros., Nessuno lo potrebbe dire visto che l’esperienza dimostrata non fa trasparire mai alcuna incertezza o momento di vera stanca, ma d’altronde Altman aveva all’epoca già una esperienza pluridecennale come regista di serie tv e documentari, in un caso di essi anche distribuito nei cinema, già nel 1957. Il progetto di “Quel freddo giorno…” nacque nel 1965, quando venne pubblicato il racconto dall’omonimo titolo di Peter Miles, poi adattato da Gillian Freeman. All’inizio se ne interessò la Columbia per realizzarne un progetto di film indipendente, ambientato a Londra e a cui Altman iniziò a lavorare interessandosene personalmente fin da subito, per una revisione della sceneggiatura. Il racconto originario era ambientato a Parigi, e conteneva forti connotazioni omosessuali (in quanto il personaggio di Frances era in origine un uomo), che Altman facendo il giusto rimosse nella sua nuova sceneggiatura, già con in mente Sandy Dennis nella parte, e in una sorta di versione altmaniana più “ruvida”, dell’idea di partenza.
Jack Nicholson venne provinato per il ruolo del “ragazzo”, ma non fu il prescelto perchè reputato già troppo “maturo”, per il ruolo. Fu anche uno dei primi film girati a Vancouver in Canada, con pochi soldi e praticamente un solo set., non incassò molto al botteghino ma nemmeno fece perdere troppi soldi, ricevette recensioni abbastanza avare[certamente esse sarebbero state di responso ben diverso, se l’opera l’avessero firmata Polanski, o Bergman].
Ma il film successivo di Altman sarebbe stato “M*A*S*H*”, e quello si l’avrebbe catapultato nel suo periodo creativo migliore, nessuno di tutti coloro che successivamente si sarebbero sperticati in lodi, soprattutto i produttori, se prima avessero visto “Quel freddo giorno nel parco”, probabilmente mai avrebbero chiesto ad Altman di dirigere questo grande successo. Dalla sua realizzazione è rimasto uno dei suoi lavori più oscuri, e nemmeno con le successive uscite in Blu-ray e adesso in dvd italiano per la prima volta assoluta in edizione integrale, c’è tanto da sperare che mai guadagni un po’ più di visibilità, se non all’interno della certamente al solito molto ristretta, cerchia degli appassionati.
Eppure è un’opera magistrale per come coglie il grande senso di solitudine della vita di Frances, una donna che prematuramente si trova invecchiata nell’animo e nello spirito a causa del suo contesto, come ci viene concisamente mostrato nei primi 10′. Ella vive nel bello e grande appartamento antico nel quale viveva con la madre, e dove gli è rimasta accanto fino alla morte. Lamentandosi della morte di suo marito, e non mancando di evidenziare cosi l’inadeguatezza di sua figlia, come compagnia, La sua ristretta cerchia sociale come ricordato consiste in persone che erano amiche della madre e hanno alla fine almeno venti anni più di lei. Frances vive da sola e non ha un lavoro distinguibile. Sappiamo già da subito cosa il personaggio di Dennis incarni con per lei, e quanto estremamente possa avvincere una donna sola come Frances, fin dalla prima scena in cui lo vede nel parco, attraverso la finestra, e già ampiamente intuibile dalle reazioni e dai suoi gesti.
Dennis da subito assume un atteggiamento enigmatico, nei fatti avvertendo in lei qualcosa di psicologicamente instabile.
La prima sequenza dei due assieme è carica di tensione e rimanda a qualcosa di veramente grande per la bravura dei due protagonisti, specialmente osservando la dinamica tra di una donna presa costantemente a chiacchierare, e il ragazzo che non profferisce una parola in nessun caso. Quest’ultimo a malapena fa qualcosa, all’inizio neanche il suo suonare musica estremamente discordante all’organo (musica che sembra mostrare quel qualcosa di danneggiato presente nella mente di Frances, non provoca altro che la danza del ragazzo per la stanza, in passi apparentemente di Sirtaki).
Si vede chiaramente che Frances desidererebbe andare a letto con il giovane, come per cercare di recuperare qualcosa che forse non ha avuto più da tanto tempo, ecercando di stargli incollata più tempo possibile, stabilizzandolo in casa sua, e impedendogli di uscire da solo, rinchiudendocelo.
A questo punto il resto del film è compiuto, il ragazzo non potrà più andare a trovare la sorella a cui lo lega un rapporto probabilmente incestuoso, diventando un film nel quale i protagonisti sono solo due personaggi, e se allo spettatore non dispiacerebbe se la cosa che è nell’aria da sempre alla fine accadesse, adesso è anche diventato ovvio che in Frances c’è qualcosa che non va. E anche il personaggio del ragazzo è alquanto strano, alternando periodi di ostentato mutismo, a quando invece ancora sgattaiolava fuori dall’appartamento a trovare la sorella e il suo amante, chiacchierando su ogni cosa.
Infatti ogni volta che Frances doveva uscire anche lui scappava dall’appartamento, a trovare i suoi amici. Fino a quando ella è tornata prima, e lo ha scoperto. Da qui la scelta di rinchiuderlo grazie alle inferriate e ai chiavistelli di cui dota ogni porta della casa. Da questo momento il film vira in un racconto quasi thriller incentrato sulla nevrosi, scivolando via via verso la follia della protagonista. In un rapporto di dipendenza e autodistruzione, abiezione, da parte di Frances, che dovrà rivedere tutto il suo stile di vita, rovesciando però il gioco del ragazzo nei suoi confronti, quando scoprirà che il ragazzo non è muto e vive appunto con la sorella e il suo ragazzo, su di una barca.
Questa escalation era silente fin dall’inizio, ma non si può dire completamente inaspettata, e da piccole cose già si intravedeva come implicita, tra varie spie del disagio psichico della donna, soprattutto a livello sessuale. Tanto che quando il ragazzo per il fatto di ritrovarsi rinchiuso in casa incomincerà per la prima volta a parlare, e a dire a Frances che non intende fare quello che vuole, ovvero andare a letto con lei, la donna gli cercherà una ragazza con cui poter fare sesso. Esattamente come già si capiva dalla prima volta che il giovane tornava dalla sorella alla barca, con cui come ricordato ha un rapporto probabilmente anche incestuoso o comunque implicante la sfera sessuale, in quanto mentre la sorella sta consumando un rapporto con il suo fidanzato, egli non entra e rimane fuori dall’imbarcazione, ma una volta che i due hanno finito, entrando farà delle avances alla sorella. Un elemento forse non necessario, ma che rimarca le stranezze dei personaggi e dei loro rapporti morbosi, e che non dovrebbe stupire vista anche l’origine a contenuto omosessuale del racconto originario citato, nel quale il protagonista è appunto gay, e che gli autori della versione cinematografica decisero di cambiare. Questo è l’aspetto da ponderare maggiormente per aspettarsi che il brutale climax del film non sia inaspettato, ma risulti molto forte e senza bisogno di alcuna scena violenta o sanguinaria, che probabilmente è quello che gli ha fatto attirare la maggior parte delle critiche negative all’epoca.
La sottile confidenza con l’alienazione che il film provvede a incrementare in vari modi che si possono vedere come attraverso la finestra da cui la protagonista vede il giovane uomo all’inizio, quasi come dei volti distorti. L’esempio maggiormente impressionante di questo è quando il ragazzo scappa dall’appartamento la prima volta, ed entra in un altro palazzo dai grandi appartamenti. L’occhio della cinepresa si muove su e giù l’esterno del palazzo per seguire il protagonista che sale attraverso i grandi piani. In ognuno ci sono dei larghi specchi(sempre buoni per suggerire l’instabilità mentale), e un certo numero di zoom, a volte su nulla di apparentemente significativo, ma oltre tutto questo la cinematografia di Laszlo Kovacs, attinente in maniera stretta al narrato, contribuendo a rendere “Quel freddo giorno nel parco” un film onesto, per più della metà del film senza dare nemmeno troppo a vedere che Altman ha sempre mantenuto anche qui il suo consueto stile fatto di disloghi abbondanti e sopra le righe. Un altro esempio memorabile, ma di questo, lo abbiamo quando Frances sta aspettando il suo appuntamento nella sala d’aspetto del ginecologo, e non può fare a meno di dover ascoltare i dialoghi fra loro della altre donne, non tutte, ma di alcune vertenti l’argomento del controllo delle nascite e della lunghezza del membro maschile per non incorrere nella spirale. E’ un momento totalmente irrilevante per la trama del film, ma aggiunge molto sapore al film.
Michael Burns è bravo nella parte quasi sempre enigmatica del personaggio di Dennis, una parte che risulta attualmente oggi meno indecifrabile probabilmente, di quanto poteva apparire all’epoca, e comunque difficile in ogni caso da rendere bene.
Suzanne Benton (che qualcuno riconoscerà in “Un Ragazzo, un cane, due inseparabili amici”[A Boy and His Dog aka Apocalypse A.D. 2024]), è nella maggior parte del tempo nuda, in un certo momento anche mentre copula con l’amante accanto al fratello[ci sono diversi momenti bizzarramente perversi nel film]- La colonna sonora di Johnny Mandel provvede ad un buon tema musicale principale, che bene sottolinea gli aspetti di convenienza e di thriller sottotraccia. “Quel freddo giorno nel parco” avrebbe potuto con ogni probabilità essere molto più convenzionale in altre mani che quelle di Altman, il quale fu veramente brillante nel cambiare la storia del racconto, facendogli prendere una direzione originale e inattesa, e rimane impresso a lungo, fin dalla prima volta. Se si è in grado di apprezzare le storie che si evolvono con il loro tempo, fino ad un finale forte nella sua pianificata malsanità mentale, non si può che raccomandare fortemente la visione di “Quel freddo giorno nel parco”.