“Alfredino – Una Storia italiana” (Miniserie) (4 puntate) (Italia 2021), Marco Pontecorvo
Dopo svariati anni di tentativi e annunci, è arrivata su Sky Original la prima fiction realizzata sul celeberrimo e tragico incidente di Vermicino nel giugno di 40 anni fa. Nonostante le buone intenzioni e la corretta realizzazione, purtroppo modesta
Per scrivere queste righe in seguito, basterebbe prendere una qualsiasi delle recensioni- tutte positive o quasi, scritte in Italia-, e vergarne esattamente l’incontrario. Molto semplice, quindi. Innanzitutto, essendo un prodotto Sky Original il potere economico delle inserzioni pubbllicitarie si fa sentire sensibilmente, anche ad influenzarne i giudizi dei relativi siti, soprattutto quelli specializzati nelle serie tv. “Alfredino – Una storia italiana”, è diretta da Marco Pontecorvo, scritta da Barbara Petronio e Francesco Balletta, nell’adattamento ben difficile della tragica vicenda di Alfredino Rampi caduto nel pozzo a Vermicino.
L’incidente di Vermicino, la storia di Alfredino Rampi, la ricordiamo tutti: in molti hanno seguito quella lunghissima diretta, in cui ogni evento è stato raccontato e amplificato, per raccontarlo ai milioni di telespettatori in ascolto.
Nacque proprio lì, a Vermicino, la famosa tv del dolore, che ormai funesta il giornalismo di cronaca di oggi: tutta quell’attenzione per i fatti macabri e di morte, l’attenzione riportata ad ogni minima reazione da parte dei presenti.
L’informazione che diventa spettacolo, il dolore che arriva in televisione mentre tutti sono a tavola, l’orrore sdoganato che non si cura del dolore.
Marco Pontecorvo offrirebbe una regia pur apprezzabile formalmente e senza le solite sbavature delle ricostruzioni storiche, purtroppo tipiche delle fiction italiane, ma anche di molti film, se non in una certa carenza di figuranti sul luogo delle operazioni di salvataggio, rispetto alle immagini reali riprese dalla Rai di allora. Il problema è nella sua mancanza di coraggio, e nel cerchiobottismo ottunto dalla dolorosità e commozione della vicenda. Forse dovuto all’avvallo avuto da parte della produzione, dalla Fondazione Franca Rampi.
Quindi, nonostante la quasi inevitabilità nell’affrontare i tragici errori, le varie carenze, impreparazioni, disorganizzazioni nella macchina dei soccorsi, e che è certo contribuirono fortemente al netto della difficoltà dell’intervento, all’infausto esito, a parte la prima puntata, nelle successive la narrazione diventa improntata al didascalismo e al perdonismo, all’insegna della condivisione ardente del dolore, e del perdono. In questo certamente, una storia dunque molto “italiana” come da titolo.
Non che la serie insista troppo sul dolore dai volti dei protagonisti, ma ad esempio, la scelta quasi “obbligata” di non far sentire la voce e i lamenti dal pozzo di Alfredino- anche perchè c’è stata una sentenza di un giudice che ha impedito di farla riascoltare dai servizi e filmati tv dell’epoca-, ne inficia molto il realismo.
Lo sguardo principale seguito nella Storia è quello della madre Franca ( interpretatata da Anna Foglietta), in un ruolo ovviamente di una persona sconvolta che sta assistendo sotto i suoi occhi alla morte del figlio, mentre il padre Ferdinando Rampi (Luca Angeletti), altro punto di vista principale della vicenda, sempre protagonista in tutti e quattro gli episodi, è il baricentro di serenità per la moglie, all’interno della Storia. Molti altri attori italiani del momento impersonano i vari protagonisti della vicenda che vedevamo in diretta tv.
E l’unica vota veramente polemica della serie tv si ha nel parteggiare apertamente per gli speleologi, che fin dall’inizio del ritrovamento di Alfredino nel pozzo, si scontrano con le decisioni praticamente tutte sbagliate e che si riveleranno colpevolmente tragiche, dei vigili del fuoco e del loro comandante Elveno Pastorelli(Francesco Acquaroli).
Vinicio Marchioni interpreta Nando Broglio, un caposquadra dei Vigili del Fuoco del Tuscolano, il
quale parlò con Alfredino per tante ore dalla superficie, cercando di tranquilizzarlo, così come era esperto nel parlare ai bambini, avendo quattro figli dell’età del piccolo Rampi,
Nella serie si vedono praticamente tutti a parte proprio Alfredino(Kim Cherubini), che non vediamo mai se non nelle scene iniziali sulla spiaggia quando gli viene scattata la famosa foto con la maglietta a righe. per poi sparire.
Anche questa una scelta condivisibile per non andare a rimestare nella curiosità morbosa e nello sfruttamento del dolore, ma come detto per la scelta di non far sentire una singola parola, lamento, invocazione del bambino, essa leva molto dell’impatto drammatico della vicenda, ben presente per chiunque la abbia vissuta in diretta, al tempo.
Marco Pontecorvo aveva avuto coraggio nelle prime due puntate, per come si vedono ricostruiti i clamorosi errori dei vigili del fuoco e in particolare del loro comandante, l’ingegniere Pastorelli. E il fatto, che dopo tutto questo fu anche promosso a capo della prima Protezione Civile, che all’epoca dei fatti ancora non esisteva. Ma nelle successive puntate, e soprattutto nell’ultima, tutto si stempera, fino ad un didascalismo e ad livellamento di colpe e responsabilità all’insegna della condivsione del dolore e della sconfitta, troppo marcato e inamissibile, date le premesse, e la tutta italiana iniziale leggerezza, drei soccorsi.
Quindi, se anche il focus della storia è quello di una madre addolorata che sta per perdere il proprio bambino senza neppure poterlo riabbracciare una volta, non ci si può esimere dal raccontare la storia oggettiva dei fatti e delle colpe personali.
Tutti hanno trovatto eccezionali gli interpreti, incredibili, io non ho trovato nulla di memorabile e stante l’ambientazione sul litorale laziale, impersonificazioni fin troppo legate al romanesco oggi imperante in ogni dove,soprattutto nelle fiction italiane.
Il migliore e anche perchè se ne discosta stante il suo personaggio di origine sarda, è forse in questo senso Riccardo De Filippis che interpreta Angelo Licheri, il fattorino di una tipografia che si calò nel pozzo, per cercare di salvare Alfredino, in quanto era uno dei pochi che per la sua corporatura estremamente minuta poteva entrare nel pozzo largo 30 cm. Angelo riuscì a raggiungere il bambino, ma esso era reso così viscido dal fango he gli sfuggì più volte, oltre che per il poco spazio di manovra onde poterlo imbracare, e per il fatto tragico che il bambino che era caduto molto più in basso, rispetto al cunicolo di raccordo del pozzo parallelo scavato con le trivelle. Angelo rimase a testa in giù molto più tempo dei 40 minuti stabiliti per non avere danni e malori, oltre a rischiare di restare incastrato lui stesso.
Già all’annuncio della miniserie i dubbi serpeggiavano, perchè fare una rappresentazione di finzione della tragedia e del dolore, che ancora in fin troppi bene ricordano, per averla anche vissuta personalmente?
L’interesse poteva essere in una ricostruzione maggiormente di indignazione civile, come si diceva una volta del nostro cinema impegnato e d'”inchiesta”, aspetto sempre più abbandonato dagli sceneggiatori delle nostre fiction, in favore di un didascalismo di “riconciliazione”, qualsiasi sia l’evento, e più divisivo, avvenuto nella nostra Storia degli anni ’70 e ’80.
Fu proprio in quell’occasione che come ben sappiamo nacque la “tv del dolore”, e nacquero le dirette di informazione ininterrotta, oggi la regola morbosa e piena di parole gonfie di retorica, a lavaggio del cervello degli spettatori, per ogni singolo fatto di cronaca -soprattutto nera- che accada, e che intercetti l’attenzione del pubblico attravero un martellante battage anche della televisione pubblica, su tutti questi delitti.
Nel 1981 questo era ancora un fatto parzialmente nuovo, ma bastava ricordarsi di “L’Asso nella manica” di Billy Wilder, già distribuito 30 anni prima, per vedere il ripetersi esatto delle scene del famoso film, con le folle di centinaia di curiosi che sotto il sole di giugno, accorsero a Vermicino per sapere, o pure per cercare di aiutare. Come scritto, l’incidente di Vermicino segna l’inizio della tv del dolore in Italia, che continua ad essere quantomai opprimente e pervasiva anche nei mezzi di informazione di oggi.
L’ultimo episodio è qullo più didascalico, e mostra la nascita della protezione civile in Italia, in seguito proprio alla vicenda di Alfredino, che secondo la visione più semplicistica e consolatoria fu costituita proprio grazie a ciò che era successo quell’estate, e non sotto il peso di tutte le inefficienze e facilonerie che accaddero in quei tre giorni, senza purtroppo impedire neppure che potessero accadere di nuovo, come eventi sucessivi e anche recenti, hanno dimostrato ampiamente.
Il finale scelto è appunto l’ “io non ho accusato nessuno” pronunciato da Franca Rampi ai giornalisti, testimoniando questo intento didascalico e assolutorio.
“Alfredino- Una Storia italiana” non si concentra sul dolore ma così facendo lo annacqua, lo spettatore non si concentra sulla vicenda in sè stessa e in quanto tale, senza calarsi in essa e in contrasto aperto con ciò che fece l’informazione in quella maledetta estate del 1981, così come quella del 2021 sfruttando la pandemia.
Alfredino Rampi con la sua vicenda creò una grossa ferita nella memoria italiana, e quaranta anni prima ha per certi versi ha precorso l’utilizzo strumentale dell’informazione del 2021, che sfruttando la paura e il dolore, attua in una forma allarmistica ed emergenziale mai vista prima in queste proporzioni (ma nel 1981 già in nuce per tutto il suo sensazionalismo), un potere in grado di influenzare ampiamente anche gli stessi eventi, esattamente come accade oggi, per la pandemia covid. Tra lo scandalismo della nascente TV del dolore e l’evidente impreparazione e inefficienza di un paese intero, tenta d ricostruire gli va almeno in questo dato atto, senza cinismi e attraverso interpretazioni toccanti, una narrazione emozionale che non speculi sul dolore, ma cerchi di riflettere sui sentimenti e sull’assistenza al prossimo in un’emergenza nazionale. Purtroppo, la mancanza di un vero e convincente senso di indignazione civile che la permei, rende poco convincente il risultato finale di questa fiction Sky.