Time To Change, regia di Emanuele Imbucci: il cambiamento positivo per il pianeta Terra, che tutti vogliamo realizzare

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Time To Change

Il documentario “Time to change” è scritto e realizzato col cuore, ma soprattutto con tanto pragmatismo, diretto da Emanuele Imbrucci, e prodotto da Banca Generali e Cannizzo Produzioni

Da Venezia arrivano anche opere più “concrete”. I segnali che i tempi stanno cambiando è sotto gli occhi di tutti, nonostante i canali mainstream vogliano dipingere la kermesse come allegra vetrina e passerella di ostentazione, ma anche i più famosi protagonisti, non appartenenti al cinema, guardano al futuro con maggiore obiettività: sì, gli scioperi che sono lì a testimoniare che va bene con l’intelligenza artificiale, ma l’uomo ha un posto e un ruolo da rispettare nell’industria cinematografica; ben vengano anche le polemiche lanciate da Favino perché scuotono in ogni caso dal torpore generale…

Preambolo pertinente in quanto anche il documentario Time To Change soffre un pochino la collocazione in sezione collaterale, ma è proiettato, e forse questo è un bene, a Venezia, invece che al Lido oggi 5 settembre.

L’agenda di cui si occupa anche il famigerato World Economic Forum, ma con fini spesso non buoni per l’umanità, e lanciata dall’ONU non ha certo bisogno di tante presentazioni. I suoi 17 punti sono fondamentali “tutti insieme” come precisa da subito l’importante testimonial, Alberto Salza, antropologo che è già un bel biglietto da visita, in quanto pone come base di tutto lo sforzo di migliorare il pianeta e salvarlo sempre e comunque la persona umana e le relazioni tra i popoli. Bellissima la sua “versione” filosofica dei ponti, come quello che collega Macao ad Hong Kong, che diventano invisibili e soltanto connessioni importanti tra i popoli. Anche stupenda la sua narrazione delle donne africane che non vogliono i pozzi perché raggiungere le fonti lontane permette loro di riunirsi e di sottrarsi alle molestie dell’uomo.

Tra i 17 obiettivi si nascondono alcune trappole, come quella sul cambiamento climatico, argomento molto controverso, e che in questo caso non è affrontato se non superficialmente. Basti dire che sul sollevamento delle acque che dovevano inondare la terraferma si parla da trent’anni. Tutta la propaganda ambientalista tende a semplificare l’aspetto scientifico. Nel documentario è importante quando si fa cenno alla salute sia di uomini, che di piante ed animali. E poi vediamo delle bellissime sequenze dedicate alle tartarughe la cui sopravvivenza è in pericolo a causa delle plastiche e delle reti nei mari e dei gorilla di montagna la cui popolazione pur essendo aumentata dopo gli sforzi di tutela, è di appena un migliaio contro i 10.000 esemplari che metterebbero più in sicurezza la loro esistenza.

Il punto sulle energie alternative è abbastanza ridotto a due parole due, facendo cenno certo all’abbandono delle energie fossili, ma non citando che soltanto le più conosciute fonti alternative, quella solare ed eolica, mentre esistono decine e decine di brevetti che ricavano energia anche dell’acqua…

Stefano Guindani, oltre a raccontarci il pianeta attraverso splendidi scatti, descrive in breve l’importanza di questi documentari per salvare il pianeta: «Time to Change è un importante passo verso la consapevolezza e l’azione per affrontare le sfide globali presentate dall’Agenda Onu, e ci mostra sia i problemi che le soluzioni» spiega Guindani. «Dalla visione della volpe bianca artica nel suo ambiente sempre più minacciato, ci rendiamo conto dell’urgenza del cambiamento climatico. Ma ci sono anche segnali positivi, come Fairmined, l’etichetta che certifica l’oro di origine sostenibile, così come le tante iniziative per il recupero delle risorse, il riciclo delle acque a Singapore, o la trasformazione degli pneumatici in Italia. Perché con la collaborazione di tutti, il cambiamento è possibile».

Ecco, appunto, sono gli aspetti concreti che danno al documentario la necessaria leggerezza. Qui si indicano i progetti già esistenti come quello dell’oro senza mercurio, l’incredibile obiettivo raggiunto da Singapore che è riuscita a rendere potabile le acque nere e i pneumatici che diventano materiali per costruire campi sportivi.

Anche il punto sulle città stupisce perché è lontano da altisonanti soluzioni tecnologiche con un rimando alla Norvegia che utilizza anche per i grattacieli il semplice legno…

E anche quello che guarda alla parità tra uomini e donne: sì, ma con i dovuti distinguo, come afferma Salza, perché si tratta di una relazione tra creature complementari. Non si fa cenno, per fortuna, alla discutibile agenda fluidgender che punta alla ibridazione della sessualità, favorendo la confusione soprattutto nei più giovani con alcune programmazioni scolastiche che fanno rabbrividire , quando prevedono la masturbazione come materia didattica per bambini al di sotto dei 4 anni…

Guindani e Salza, insomma, danno un’anima ed un’impronta spirituale a questo documentario per quanto possa apparire didascalico nella suddivisione dei diversi obiettivi, laddove si sentono poeticamente osservati dalla volpe artica o dal gorilla che tiene la mano sul volto, pensieroso come a chiedersi chi sia più a rischio di estinzione, se l’uomo o il gorilla…

Meno centrata mi sembra la narrazione over di Rocío Muñoz Morales, che guarda caso nel pressbook rilascia una dichiarazione un po’ scontata, certo i fenomeni della Natura sono complessi e non li si può ridurre a semplici impressione contenute nella nostra piccola vita temporale: «I disastri provocati dal cambiamento climatico dei quali siamo stati tutti testimoni questa estate mi hanno molto colpita, e la cosa più preoccupante e che stiamo cominciando ad abituarci a questo tipo di notizie. Mentre al contrario è il momento di alzare la soglia d’attenzione, sia per chi è alla guida delle Nazioni che per ogni singolo individuo».

Time to Change, e questa è la notizia più importante, dopo l’anteprima veneziana sarà trasmesso su Raiplay a partire da ottobre. Andate a vederlo perché è necessario condividere al massimo la consapevolezza che l’umanità tutta è chiamata a volere un cambiamento per migliorare la vita sul pianeta Terra.

Ricordo, inoltre, che gli scatti fotografici realizzati da Stefano Guindani sono raccolti in un libro che porta lo stesso titolo, disponibile in digitale sul sito bg4sdgs.com e nelle librerie da ottobre. I più rappresentativi sono diventati parte di una mostra itinerante che ha debuttato al Forum Ambrosetti a Villa d’Este a Cernobbio (1-3 settembre) e dal 6 al 28 settembre (dalle 10 alle 19, week end inclusi – 28 settembre solo mattina) sarà aperta al pubblico alla Casa della fondazione The Human Safety Net, alle Procuratie Vecchie. A seguire in ottobre la mostra sarà a Milano e poi nelle principali città italiane per l’intero 2024. Il 50% del costo del biglietto viene devoluto ai progetti sostenuti da The Human Safety Net.

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