Anna, di Marco Amenta: la difesa del territorio è il senso della vita

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Anna

Con Anna Marco Amenta racconta una storia fondamentale del nostro presente: non cedere il territorio, il legame viscerale alla terra per un pugno di illusioni e denaro…

Si chiama “Mirage” la multinazionale francese che ha acquistato i terreni in Sardegna per costruire un lussuoso hotel con piscina, ecc.

“Mirage”, vale a dire miraggio, illusione, che è propria quella che si insidia nella popolazione sarda. Il denaro corrompe le anime, fa crescere l’illusione di una vita nuova meno faticosa, ma l’altra faccia della medaglia mostra la perdita di tutto: della libertà, dell’appartenenza al territorio, delle tradizioni che corrispondono anche ai prodotti della terra e dell’allevamento delle capre. Il lavoro per la multinazionale è un biglietto di non ritorno verso la schiavitù di un lavoro legato ai soprusi contro il territorio, alle devastazioni indescrivibili delle macchine…

Amenta registra proprio tutti questi aspetti: la vita di Anna che precipita nell’orrore di un paesaggio violentato dall’assordante sibilo e frastuono delle scavatrici, delle gru, del cantiere cinturato, dal cemento che copre la terra, dalle luci anche di notte che alterano i bioritmi millenari di animali, piante e uomini…

Anna è il simbolo di una resistenza che ancora esiste nel cuore dell’umanità, ma è una dimensione sempre più nascosta, sempre più difficile da comunicare a fronte del fatto che la società intorno è stata completamente corrotta dal verbo della Tecnologia e del Progresso, dal quale dovrebbero derivare solo vantaggi, posti di lavoro, ricchezza?

In realtà gli abitanti di una delle tante zone della Sardegna, ancora legate alla pastorizia, sono stati corrotti ed illusi da un falso benessere. Lo si vede benissimo che vivono ormai come gli automi dei grandi centri urbani, alcuni sono andati via come Anna, a MIlano, o come l’avvocato che ha studiato in una università lontano dalla sua terra. E poi diventano ostili contro chi si oppone ai loro presunti sogni di “cambiare la vita”, ma non si rendono conto che la vita la perderanno accettando l’inganno diabolico del capitale…

Il tema dei corpi strappati dalla terra di orgine è tra i più attuali, quando vediamo che il cammino delle nuove generazioni è condotto verso l’esterno a seguire i capricci delle espansioni industriali. La terra d’origine non soltanto è violentata, ma perde i suoi abitanti come i tristemente noti borghi che non hanno più un solo abitante…

La Sardegna è dunque una sorta di simbolo di opposizione tra due poli, quello locale e quello globale. Eravamo negli anni novanta quando nel cinema si parlava di glocal, di emergenza di opere che utilizzavano il dialetto con autori come Martone, Winspeare, Piva, Ciprì e Maresco, il cui testimone è stato preso raramente da pochi autori quali Michelangelo Frammartino.

Giusto per tracciare minimamente una tendenza che a questo punto, grazie anche a questa opera eccellente di Amenta, sembra finalmente risorgere guardando dritto negli occhi del nemico, proprio come fa Anna, quando deve incontrarsi la prima volta con gli avvocati della multinazionale, e li invita a guardarsi nin faccia, direttamente, senza inviare messaggeri liquidatori.

Il modo di operare di queste multinazionali è basato sul calcolo, sul prezzo da stabilire per corrompere l’individuo che si tratti di acquistare un terreno o di lusingarlo con promesse di incarichi prestigiosi e di assunzioni varie. Tanto è vero che l’inganno prosegue anche in sede giudiziaria.

Le carte legali sono tutto? No, anche in questo caso che la carta “legale” è spesso un altro mezzo di inganno, come in questo caso per alleggerire le procedure basta una visura superficiale dove risulta che il terreno di Anna appartiene al Comune. Le istituzioni, anche loro, vengono corrotte continuamente, da società che promettono il fantomatico “sviluppo” del territorio. La vicenda di Anna si inserisce in una dimensione del tutto pasoliniana, non solo la terra che diminuisce (le cifre in didascalia sono scioccanti…), ma anche il corpo, la lingua alla quale non si può rinunciare e di fronte a tutti questi elementi fondamentali non ci sarà mai alcun prezzo per comprare la stessa vita della persona umana.

Anna è interpretata da una stupefacente Rose Aste che riesce da una parte a comunicare tutte le sfumature dei sentimenti che la attraversano durante lo strappo e la violenza della multinazionale alla sua terra, alle caprette che ama come figlie e, dall’altra parte, a rivestire il ruolo di una donna all’interno di una struttura patriarcale che vuole sempre il sesso femminile sotto controllo. Proprio questo tema è il fil rouge che snoderà l’intera storia, perché ci rendiamo conto che il vero problema della nostra società è proprio ogni tipo di abuso verso le donne, a cominciare da quello psicologico, quello compiuto anche dalle stesse donne che sono complici del sistema di potere patriarcale: donne che sono sottomesse ai padri e poi ai mariti e che non possono permettersi una vita sessuale appena diversa da quella preconfezionata dagli uomini.

Nel film è intensa e potente anche l’immersione negli elementi naturali, dai suoni, al vento, alla luce e l’oscurità e soprattutto dalla potenza del mare in cui si immergerà più volte Anna, per alleviare il potente dolore di una condizione di resistenza sempre più faticosa ed anche l’immersione/scelta nella Natura che lei ha scelto come propria vita che non sarà mai corrotta da nulla.

Anna è uno dei film più importanti e potenti di questi ultimi anni che lasciano sperare in una crescita di consapevolezza, prima che sia troppo tardi, ma anche per credere nella lotta al falso sviluppo della società umana, non lasciandosi andare al pessimismo che il gigante di turno sia più forte della vittima designata. Anche questo è un inganno…

Trailer: www.youtube.com/watch?v=UlmfyaIanTw

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