The Old Oak di Ken Loach, ritorno alla guerra tra poveri

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The Old Oak

Ken Loach con The Old Oak guarda ancora agli ultimi, ma in fondo rappresenta solo la deprecabile guerra tra poveri…

Ken Loach con The Old Oak guarda ancora agli ultimi, ma in fondo rappresenta solo la deprecabile guerra tra poveri…

I riferimenti sono tanti in questo ultimo film del regista inglese all’era industriale dello scorso secolo, caratterizzata dalle miniere, da una classe operaia stritolata da tutte le parti. Quei minatori della vecchia cittadina di Durham alla fine sono morti per incidenti vari, come il padre del protagonista TJ Ballantine.

Erano persone che avevano creduto nella possibilità di un lavoro, di una riscossa sociale, salvo poi rendersi conto che la miniera serviva allora soltanto a quei padroni che la utilizzavano con quei costi umani insopportabili per arricchirsi loro… Poi le miniere hanno chiuso e i minatori potevano andare a fare altro…

Esisteva una società, una comunità intorno a quei lavoratori che Loach omaggia nella serie di fotografie custodite male all’interno del retrobottega del pub del titolo.

L’insegna, non tanto simbolicamente, tende a staccarsi e scivolare, come le miniere, anche i luoghi tradizionali di incontro, come i pub sono a rischio, i costi aumentano ed i clienti , soprattutto delle nuove generazioni diminuiscono… E così non c’è davvero speranza.

L’arrivo degli immigrati rappresenta un motivo di disagio nella popolazione che non li accetta, li discrimina ed è pronta all’aggressione fisica e psicologica.

Sembra proprio questo aspetto che il film di Loach voglia condannare: il pregiudizio scontato verso il diverso, che in questo caso coincide con l’immigrato siriano, un paese schiacciato dal regime di Assad, ma è una posizione politica abbastanza fuorviante, perché i crimini politici di molti Stati del Medio Oriente sono sempre eterodiretti dai soliti burattinai che si trovano spesso negli Stati Uniti ed in altri paesi europei proprio come il Regno Unito…

In questo senso la prospettiva di Loach sembra abbastanza miope, fortemente condizionata da una visione antica delle cose del mondo…

Loach vorrebbe spingere verso la solidarietà i suoi personaggi e questo è un gesto artistico molto bello… La solidarietà è sempre bella, ma di certo non risolverà i problemi della guerra tra poveri, perché occorre individuare e lottare insieme contro i poteri che hanno creato queste condizioni.

D’altra parte appare chiarissimo anche dagli elementi di sceneggiatura del film, alcuni dei quali fortissimi come il ragazzino che riprende il gioco anche quando la sorellina rientra a casa per un malore, la situazione degli immobili acquistati da soggetti sconosciuti per speculazioni di vario tipo, la povertà sempre più insopportabile delle classi meno abbienti delle periferie, laddove una bicicletta è un sogno nel cassetto per qualsiasi ragazzino che sia l’immigrato che ne beneficia per un gesto di carità o l’abitante inglese della cittadina…

Insomma, il mondo globalizzato ha condotto questi “ultimi” verso la disperazione, la perdita di tutto, perché le loro storie narrano tutte di sofferenza causata proprio dal sistema. Non è diverso chi ha perso il genitore in una miniera, da chi l’ha perso in guerra. Sono sempre due effetti creati dai poteri forti del mondo.

Loach si augura probabilmente un movimento di consapevolezza, di forza, di resistenza collettiva e solidarietà, come è scritto sullo stendardo, contro questo attacco alla popolazione e The Old Oak ci regala questa tensione.

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