Silent Night, Il silenzio della vendetta: John Woo parla di uomini, di maschi col testosterone…

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Joel Kinnaman as Godlock in Silent Night. Photo Credit: Carlos Latapi

John Woo, cavalcando sempre l’onda dell’action movie storico hongkonghese, spinge la sua riflessione sul maschio del ventunesimo secolo

Se dovessimo pensare a cosa aggiunge Silent Night – Il silenzio della vendetta alla parabola action movie che va dalla Cina verso Occidente, c’è al centro una perfida riflessione sul maschio del ventunesimo secolo.

Quello che ha scelto una versione dell’essere maschio che si traduce purtroppo soltanto in un cocktail di testosterone alla massima potenza… E non è un caso che l’altra protagonista donna è una drogata, completamente a disposizione della prospettiva maschile, sarà lei a impugnare un mitra micidiale, ripetendo di fatto il ruolo di tutti gli altri “personaggi”.

Come se la storia potesse andare avanti seguendo un unico percorso, quello del sangue, della vendetta e della morte. E in questo cupo scenario non è forse un caso che l’unica protagonista donna si dissocia dal percorso: non lo accetta e se ne va abbandonando il protagonista maschile interpretato da Joel Kinnaman.

Peraltro Woo sceglie anche con raffinatezza il silenzio, moltiplicandolo fino all’estremo. Nella prima scena, infatti, si compie l’evirazione della parola… questo protagonista maschile di cui si sa davvero poco lancia con rabbia il dispositivo di amplificazione della voce, chiudendo per sempre la possibilità di una ulteriore parola… Una parola che poteva essere agganciata ad un abbraccio tra marito e moglie, al pianto doloroso per la morte del figlio provocata da uno dei tanti proiettili lanciati dalle gang metropolitane di turno.

Siamo in un qualunque spazio urbano metropolitano, laddove il western come principio di vita e di morte si compie senza tanti complimenti. Non ci sono vie alternative, così l’unica possibilità di vendetta si basa sulla risposta di forza che il protagonista maschio può mettere in gioco.

Come in tutti i duelli western può sopravvivere e vincere l’uomo che ha il fucile invece che una pistola, tanto per fare citazioni anche a Leone, etc..

Naturalmente tutto questo è passato attraverso una lunga coreografia degli anni novanta alla quale i registi orientali come John Woo hanno dato moltissimo cosicché questo immaginario è ormai sedimentato grazie anche alle varie ripetizioni di autori come Tarantino…

Per questo Silent Night, che peraltro assomiglia moltissimo all’ultimo film di David Fincher, The Killer, dove la trama è mossa da uno stesso principio di vendetta, sposa lo stesso spirito che unisce silenzio e oscurità.

Tema arcinoto, nel campo del western, quello della vendetta, quindi nulla di nuovo, però l’ostinazione di Woo contiene anche una dolorosa consapevolezza, che è appunto quella della separazione dalla donna che si ama… e forse della separazione tra maschile e femminile ben più radicale negli ultimi decenni…

La parte del climax è invece meno convincente, l’introduzione nel covo della gang si riduce a sequenze che sembrano buone per qualsiasi videogame con i vari step che sono raggiunti quando si fanno fuori tutti i nemici che si vanno presentando… che sono completamente standardizzati nella loro non umanità, di elementi di una sparatoria.

Un cinema che sembra sempre più lontano dai parametri umani, dalle storie semplici e anche dalle più verosimili drammaturgie, visto che qui siamo di fronte alla perdita di un figlio e tutto l’immaginario, tra palloncini e flashback, è abbastanza banale.

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