The Holdovers di Alexander Payne: i favolosi, drammatici, anni settanta
Per filmare il cuore dell’umanità Alexander Payne con The Holdovers ha operato un drastico ritorno agli anni settanta. Un reset necessario per liberarsi dalle manipolazioni odierne
Cosa succede se per un esperimento una macchina del tempo ci riporta ai favolosi anni settanta? Cosa scopriremmo? Innanzi tutto, come conferma il professore Paul Hunham interpretato da Paul Giamatti, che tutto è iniziato lì… Soprattutto la corruzione delle istituzioni scolastiche ridotte a diplomifici per persone ricche che non hanno tempo da perdere…
E il film inizia proprio con i rampolli che pensano alle prossime vacanze natalizie… Ma per “sfortuna” si può anche rimanere bloccati nel college, per banalità varie o meno banalità, come quello dell’altro principale protagonista interpretato dall’esordiente Dominic Sessa, il giovane Angus Tully con madre impegnata a dimenticare il marito chiuso in ospedale psichiatrico e nuovo amante, situazione che vedrebbe piuttosto scomoda la presenza del figlio…
Altri personaggi minori sono i ragazzi pure loro coinvolti nella pena più temuta, quella di rimanere nel college durante le feste e pure con l’antipatico professor Hunham… Ma poi spariscono per via dei soliti ripensamenti da ricconi ed anche per necessità narrative di sceneggiatura che sostengono il duetto Paul/Angus…
Così il duo da buddy movie è bilanciato dalla presenza di un’altra “disgraziata”… la capocuoca Mary Lamb (Da’Vine Joy Randolph) che ha perso il figlio in Vietnam… più atmosfera di anni settanta di così…
Payne spinge l’orientamento percettivo dello spettatore finanche nel regno dell’olfatto, rimarcando gli sgradevoli odori prodotti dal professore a causa di una disfunzione metabolica…
Ma tutto il panorama messo in scena è dominato dalle sensazioni percettive basiche, il cibo, l’alcol, il fumo persistente anche nei locali pubblici e la stessa faccia del professore resa una smorfia surrealista per via degli occhi sbilenchi…
Chiede ad un certo punto di maggiore confidenza ed intimità Angus se occorra seguire l’occhio destro o quello sinistro visto che la sensazione che i due occhi del professore vadano ognuno da una parte e dall’altra…
Payne ha non solo ricreato una narrazione anni settanta, ma come abbiamo visto nell’altro articolo dedicato al film, chiesto al direttore della fotografia Eigil Bryld di fare un film come se si fosse relamente negli anni settanta: il risultato è davanti ai nostri occhi. In più si può aggiungere che proprio la prima parte del film risulta molto “demodé”, per usare un termine pure fuori uso, vale a dire che i tempi sono molto caratteristici di quegli anni: una debole introduzione, con pochi segni che lasciano aperta la narrazione, che poi va verso una totale focalizzazione, ma anche prevedibilità, ma che non dispiace nella seconda parte.
In fondo, la parte più prevedibile è quella su cui ogni spettatore aveva scommesso, vale a dire che quei personaggi stereotipati hanno alle spalle molto dolore, vissuto ecc. ecc. e non sono mai superficiali. Cosicché è normale che ognuno dei due protagonisti principali ritrovi un po’ il cuore semplice e puro dell’altro essere umano e un po’ se ne innamori…
Però c’è anche la lezione sulla vita che dà e toglie a ciascuno secondo un destino cieco… Quando il professore incontrerà un vecchio compagno di studi, sarà pronto a bluffare su tutto, qualche volta è meglio non dire la verità come recita il giuramento del college…
Payne, insomma, continua sul solco della sua precedente filmografia, cercando di registrare il sapore dolce amaro di ogni vita come per tanti altri personaggi che ci ha regalato in passato.