Perfect Days di Wim Wenders, le piccole cose quotidiane sono la bellezza del mondo

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Perfect Days

Wim Wenders con Perfect Days non fa un film nostalgico del passato, ma un percorso di salvezza dal mondo incivile, digitale, della fretta obbligata

Cosa rende questo film attuale è abbastanza evidente… Curiosamente rivedendo un classico di Frank Capra, È arrivata la felicità (Mr. Deeds Goes to Town), grazie a Raiplay, che suggerisco di (ri)vedere, ci dimostra come il percorso della civiltà umana sia andato sempre a peggiorare soprattutto nel corso del ventesimo e ventunesimo secolo.

Si parte appunto da una megalopoli spaventosa come Tokyo, dove il nostro protagonista si muove come su un binario che scorre attraverso i vari passaggi stretti della città.

Come il protagonista di Capra interpretato da Cary Grant, Hirayama (Kōji Yakusho) è seguito filmando con un formato retrò. Wenders sceglie addirittura l’1:33 che è ancora meno del 1:37 di Capra.

Già il fatto di scegliere un formato quadrato che è stato abbandonato molti decenni fa, ci dice tutto sull’ultimo film di Wenders. Vale a dire la sua scelta di tornare al passato, non essendo in grado di osservare nel futuro qualcosa di buono.

E tutto il discorso intorno alla musica è poi basato sulla contrapposizione tra analogico e digitale. Tra le vecchie musicassette con il nastro che si arrotola e i file digitali distribuiti dalle piattaforme tipo Spotify di cui il protagonista non ha sentito mai parlare.

Questa contrapposizione non è fine a se stessa. Guarda caso il titolo di Capra originale fa riferimento al fatto che Mr Deeds va in città, ben diverso dal titolo italiano farlocco, “è arrivata la felicità”: il punto, infatti, è che è proprio l’urbanizzazione selvaggia ad aver creato gli ambienti malsani di cemento, cosicché quella poca vegetazione è tenuta a casa, protetta e irrorata ogni giorno.

Perfect Days parla di komorebi, l’espressione giapponese che indica la luce che passa tra le foglie degli alberi mosse dal vento. Espressione poetica un po’ intraducibile con una sola parola in lingua italiana, ma tutto ciò fa riferimento allo sguardo che il regista mantiene verso ogni piccolo segno della natura.

E per aumentare l’osservazione si utilizzano vecchie macchine fotografiche a pellicola con scatti casuali, questo per cercare di ottenere più scatti naturali ed oggettivi.

Il lavoro di Hirayama, pulizia dei bagni pubblici, può essere il più umile tra i lavori, ma è importante con quale spirito si fa ogni tipo di lavoro… Ma di fatto, come ci mostra la scena in cui la sorella piomba con la sua auto di lusso condotta da autista, nello spazio antistante l’abitazione dimessa di Hirayama, il protagonista di Wenders è un uomo che ha rifiutato ogni lusinga del denaro.

Anche qui un punto di contatto con il citato film di Capra che parla proprio di una cifra altisonante, come i 20 milioni di dollari ottenuti in eredità (una somma che nel 1936 oggi corrisponderebbe a centinaia di milioni), rifiutati da Deeds. Anche Hirayama ha rifiutato qualsiasi ricchezza, nonostante la storia voglia proprio suggerire che lui appartenga a una famiglia “ricca”, ma che ha probabilmente abbandonato per scegliere un’altra vita…

La vita di Hirayama è fondata su piccole cose di ogni giorno, anzi giorni che diventano “perfetti” come quelli suggeriti dallo stesso testo della canzone di Lou Reed, che ha dato anche il titolo al film.

Naturalmente quest’opera è stata possibile grazie alla performance di questo gigantesco attore che è Kōji Yakusho che è stato giustamente ringraziato dal regista consapevole del contributo importante che ha regalato all’intero film.

Con Perfect Days Wenders ci ha regalato uno dei più importanti film del 2023, ricollegandosi al suo cinema del passato con più passione, ma soprattutto al cinema classico americano come quello di Capra citato che per fortuna ha i suoi eredi al giorno d’oggi.

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