Touch of evil

Alla luce della recente vittoria agli Oscar 2015 di Alejandro González Iñárritu nella categoria “miglior regia” per “Birdman”, ecco un approfondimento di un aspetto tecnico dell’opera che ha indubbiamente contribuito alla decisione dei giurati

(Alessandro Guatti su Farefilm.it)

Alla luce della recente vittoria agli Oscar 2015 di Alejandro González Iñárritu nella categoria “miglior regia” per Birdman, abbiamo deciso di approfondire un aspetto tecnico dell’opera che ha indubbiamente contribuito alla decisione dei giurati.

Senza nulla togliere alle altre competenze registiche che Iñárritu ha espresso in questo film, non si può negare che la decisione di girare quasi tutto il film come un unico piano-sequenza – scelta altamente impegnativa dal punto di vista concettuale e stilistico – sia stata giustamente ricompensata dalla giuria degli Oscar.

In un piano-sequenza le maestranze, le comparse, gli attori principali, l’operatore di macchina, il direttore della fotografia e il regista devono essere assai più coordinati rispetto a un film che si avvale del montaggio. Certo, aiuta molto avere a disposizione attori di prim’ordine come Micheal Keaton e Edward Norton, nonché un direttore della fotografia del calibro di Emmanuel Lubezki, che dopo il suo lavoro in The tree of life (Terrence Malick, 2011) e in Gravity (Alfonso Cuaròn, 2013) è ormai una delle risorse tecniche più richieste a Hollywood.

Sgomberiamo subito il campo da un comune malinteso: il piano sequenza non è semplicemente un’inquadratura lunga, per la quale si usa invece il termine long-take. Esso è una tecnica che consiste nel far coincidere una sequenza, ovvero un segmento narrativo autonomo del film, con un’unica inquadratura. In area anglosassone tale tecnica è definita sequence shot. Nel piano-sequenza, dunque, l’inquadratura si apre e si chiude con l’inizio e la fine dell’azione che in essa ha luogo.

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