Buy Now! The Shopping Conspiracy di Nic Stacey: le merci non sono tutte riciclabili e la Terra è sommersa dai rifiuti

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Buy Now! The Shopping Conspiracy di Nic Stacey: le merci non sono tutte riciclabili e la Terra è sommersa dai rifiuti

Buy Now! L'inganno del consumismo

Nic Stacey ha realizzato uno dei documentari più impressionanti sui danni della spinta continua al consumo. La maggior parte delle merci non è riciclabile. L’inquinamento della Terra è la più grave minaccia e dipende dalla compulsione indotta all’acquisto

Uno dei documentari più importanti forse del nuovo secolo approda su Netflix… Beh adesso ci sarà una corsa da parte dei soliti addetti ai lavori, immersi nelle loro sonnolente vite, a considerare Buy Now! non tanto veritiero, aggiungendo magari dei giudizi basati sul nulla che non riesco ad immaginare…

Dall’altra parte le voci dissidenti saranno urtate per l’associazione alle varie agende green che di fatto sostengono che il cambiamento climatico sia in diretta dipendenza con le attività umane…

Ma qui l’importante è rendersi conto prima di tutto di un paio di cose:

  1. Buy Now! è una feroce critica al sistema delle corporation, basato soltanto sul profitto e nessuna etica
  2. Buy Now! è una feroce critica ai nostri stili di vita malati…

Su questi due assi il documentario si cimenta e fa il lavoro sporco. Per di più ponendoci di fronte ad alcuni whistleblowers (gente consapevole che ha lasciato la propria azienda o ne è stato cacciato), che sono pentiti delle loro azioni passate, della responsabilità individuale per aver spinto anche loro il mondo in questa direzione…

Cominciamo con Maren Costa, ex manager di Amazon, che in passato ha seguito le famigerate istruzioni per ottimizzare le vendite. Amazon è stata capace di utilizzare la sua massiccia presenza sul mercato on line per testare continuamente i clienti ed elaborare pagine del sito, laddove anche una scritta in un colore è importante per spingere all’acquisto… Di che cosa stiamo parlando dunque? Della più abietta manipolazione, dal momento che la continua elaborazione della piattaforma è volta a ottenebrare il cliente, a ridurre pressoché a zero il livello critico…

Poi c’è Eric Liedtke, ex presidente di Adidas. Quanto sia scioccante la sua testimonianza, al pari di quella di Costa, è un elemento che da solo meriterebbe di obbligare la visione del documentario in tutte le scuole superiori con dibattito aggiunto e svolgimento di prove scritte in classe… Liedtke batte soprattutto sull’invenzione di nuovi prodotti, nuovi vestiti, dove cambia più o meno un pelo, ma lanciati per ossessionare le masse, invitarle all’acquisto specie se sponsorizzato da famosi testimonial. Insomma, un’altra bieca manipolazione, laddove le industrie della moda, tutte, lanciano migliaia di nuovi prodotti ogni anno, che puntualmente sono confezionati in paesi come la Cina…

Nirav Patel, di Apple, parla del famoso Oculus, un altro aggeggio praticamente indistruttibile, tutte plastiche non riciclabili, destinate a diventare montagne come nel film predittivo Wall-E in paesi come la Tailandia… Si parla anche della arcinota obsolescenza programmata, che fa durare il meno possibile tutti gli apparecchi elettronici (una donna si dispera per una stampante che smette di funzionare dopo soli tre anni… ) e dell’impossibilità di eseguire riparazioni, perché tutti gli apparecchi sono assemblati con parti inaccessibili… Vi ricordate le viti dei pc Apple, note per la loro “originalità”? (leggi difficoltà ulteriore, ostruzionismo per evitare che il cliente stesso possa aprire il proprio apparecchio… ).

Nel film vediamo anche l’investigatore dei rifiuti Jim Puckett che segue i vari apparecchi fino al luogo di destinazione. La già citata Tailandia è uno di quei posti, dove tutti i vari componenti vengono ridotti a pezzi, ma senza alcuna precauzione, laddove tutti i metalli pesanti si diffondono nell’ambiente, con ripercussioni certe al 100% su quei soggetti che certo non sono lavoratori in sicurezza… In più montagne di rifiuti arrivano direttamente nelle spiagge in Ghana, sono riversati e lasciati lì dove le onde marine contribuiscono alla ulteriore diffusione… Gli abitanti del mare contengono ormai ogni tipo di sostanza come la plastica che ci viene mostrata all’interno di un pesce… Ma ormai le plastiche, sottilissime, come quelle delle fibre in poliuretano dei vestiti, sono in aria e nelle acque. Le respiriamo e le mangiamo di continuo, finché non procurano le più dannose malattie. Già, anche quei vestiti in poliuretano e chissà quali altre fibre, ogni volta che si lavano finiscono negli scarichi…

Un’altra scioccante pratica è quella descritta da Anna Sacks, per cui le aziende sono disposte a distruggere o rovinare i loro prodotti pur di non riciclarli. Follie emerse presso alcune discariche scoperte dai vari senza tetto che pensavano di rifornirsi facilmente di prodotti non utilizzati e sprecati… Si va dal cibo ai vestiti fino a qualsiasi oggetto invenduto che le varie aziende decidono di distruggere per evitare che possano rendersi disponibili per altre persone…

Il vero pezzo forte del doc sta nel fatto che Nic Stacey usare un narratore AI (di nome Sasha) in modo provocatorio e satirico. Sasha diventa una metafora vivente del pensiero aziendale: freddo, organizzato e spietatamente efficace. La voce AI riflette la più grande divergenza tra il processo decisionale aziendale e le conseguenze umane. Questo sistema automatizzato rende l’empatia irrilevante, poiché anche le varie regole alla fine risultano solo grottesche. Sono del tutto al di là di una intelligenza umana o non. E qui si aprono le porte a una questione basilare: perché in cima alle aziende il processo decisionale va in questa direzione, chi è che prende queste decisioni insensate?

La risposta a queste domande è ancora più difficile e si apre davvero ad altre “teorie cospirazioniste”. D’altra parte proprio il riferimento alle teorie della cospirazione è voluto nel titolo, dal momento che proprio il documentario di mostra che non si tratta di una teoria, di una tesi, ma della semplice realtà dei fatti, nella sua spiacevole e disperata evidenza. Molto più soft il titolo italiano “inganno del consumismo”: veramente di consumismo si parla da oltre 50 anni e non mi sembra che sia cambiato qualcosa…

Sta quindi a tutti cercare di comportarsi con la consapevolezza di una tale realtà, e magari agendo come gli stessi protagonisti del documentario. Non solo proteste, ma azioni come quelle più difficili di abbandonare un lavoro, di non autoilludersi, di non continuare a fare finta di nulla, perché il nostro inconscio ha già visto e compreso quello che accade. E la nostra complicità consiste anche nelle facili autogiustificazioni. Peraltro, spesso costruite dal nemico, come la false etichette sui prodotti che deresponsabilizzano gli utenti…

Essere responsabili comporterà molta fatica oggi, perché riguarda quasi tutti gli aspetti della nostra vita, ma trovare delle soluzioni è importante e sono i protagonisti del film ad invitarci a chiedersi sempre alla luce della cruda realtà quali nostre scelte possono essere più sostenibili, certo sempre evitando di cadere nella rete della propaganda degli stessi nemici!

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